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Mi manca l’aria: dispnea psicogena e mindfulness

La dispnea psicogena

è una sensazione di mancanza d’aria dovuta a cause psicologiche. È una patologia sottovalutata proprio a causa dell’assenza di una malattia organica che la causa, ma i disagi che provoca questo disturbo sono altrettanto disabilitanti.

Alcune persone riportano sensazioni di mancanza d’aria e respiro corto in assenza di danni organici e funzionali che possano giustificare questo tipo di disturbo. Si può parlare, in questo caso di dispnea (acuta o cronica) di natura psicogena, in quanto, nella maggior parte dei casi, questa insorge in particolari situazioni di stress psicofisico più o meno temporanee.

Questa forma di dispnea viene spesso sottovalutata proprio per l’assenza di una malattia organica che la spieghi. In realtà, la sensazione e la sofferenza che questo disturbo portano, sono spesso invalidanti tanto quanto le dispnee di natura organica. Per questo motivo, la dispnea psicogena, così come le altre, necessita di una diagnosi accurata e di un trattamento mirato e specifico. 

Il motivo principale della dispnea psicogena è lo stress psicofisico. In questi periodi, in cui il corpo è sottoposto ad una forte tensione mentale e muscolare, e in cui spesso si trascura il proprio stato di salute, il corpo “ha fame d’aria”.

Questo disturbo è spesso associato a disturbi psicologici come ansia, attacchi di panico, depressione, disturbo ossessivo-compulsivo, oltre che a storie di abusi e traumi. In realtà, la causa principale è una difficoltà di coordinazione tra corpo e mente, che va ad influire anche sui meccanismi della respirazione.

I sintomi della dispnea psicogena sono gli stessi della normale dispnea. Naturalmente, il sintomo principale è la mancanza di fiato. Altri sintomi possono essere: tosse cronica; problemi alle corde vocali; iperventilazione (respirare più del necessario); senso di pesantezza sul torace.

Le differenze tra la dispnea organica e quella psicogena sono l’intensità e la frequenza dei sintomi. Nel caso della dispnea psicogena i sintomi variano in base alla situazione in cui si trova il paziente: ad esempio, durante il sonno i sintomi della dispnea psicogena si calmano, mentre avviene il contrario per quelli della dispnea organica.

La diagnosi di questo tipo di disturbo richiede una attenzione particolare, in quanto prevede l’esclusione, attraverso l’anamnesi e gli esami clinici, di patologie organiche che possano giustificare la sintomatologia. Per questo motivo, in seguito all’esito negativo di tutti gli esami fisici che si eseguono per le dispnee organiche, è necessario andare a valutare la natura psicogena del disturbo tramite una serie di domande cliniche volte a verificare in quali situazioni e in che modo il disturbo è più frequente.

Non è sempre necessaria una diagnosi di tipo psichiatrico (in quanto il disturbo potrebbe essere solo momentaneo e dovuto a un uso poco corretto del respiro in assenza di altri disturbi di natura psicogena) anche se, in casi più invalidanti, è consigliata per facilitare il trattamento di questa patologia.

Trattamento della dispnea psicogena

Nei casi in cui il disturbo risulti particolarmente invalidante o cronicizzato, la letteratura suggerisce due tipi di intervento: quello farmacologico, con la somministrazione di piccole dosi di ansiolitici (per le dispnee più acute) e antidepressivi (per le dispnee croniche); quello psicoterapeutico, in particolare vi sono risultati molto confortanti dalle terapie di natura cognitivo-comportamentale. In alcuni casi, infatti, non è possibile lavorare sul singolo disturbo senza indagare quelle che sono le cause e i comportamenti che lo attivano.

Tuttavia, in molti casi, è possibile utilizzare degli interventi più brevi e mirati volti a favorire una migliore integrazione tra mente e corpo che possono portare ad un miglioramento della sintomatologia sul breve e sul lungo periodo. Esistono infatti una serie di tecniche mentali e corporee, come la mindfulness, che possono essere insegnate per fronteggiare il problema in maniera autonoma e senza bisogno di interventi più intrusivi.

La mindfulness

è una pratica articolata sulla meditazione. È un allenamento fondato su esercizi specifici che coinvolgono il corpo e l’attenzione il cui fine è coltivare l’abitudine alla consapevolezza per conseguire uno stato mentale più incline alla soddisfazione e alla felicità.

L’obiettivo è quello di conoscere sè stessi e il mondo attorno per ciò che realmente sono: guardandoli con freschezza e capacità di accettazione, imparando a radicarsi nel momento presente e procedere nella vita senza stress, un passo alla volta.

Se resta ancorata a ciò che accade qui e ora, la mente esprime la sua potenzialità piena lavorando con l’unico materiale possibile: la realtà di quel che c’è nel momento in cui sorge. Così facendo, non si affatica nell’inseguire il passato e il futuro, non si affatica a rimpiangere, soffrire per l’incertezza e il confronto, la frustrazione, l’ansia e le tante emozioni conflittuali che la vita di ogni giorno ingenera.

Accettare di vivere nel momento presente significa non abbandonare noi stessi e starci più vicini. Aprirsi alla realtà senza distrazioni è la condizione indispensabile per capire noi stessi e gli altri, così come siamo e come sono, e rendere ogni forma di sofferenza un’esperienza di apertura di tenerezza, una ragione di contatto con la dimensione profonda dell’essere vivi, senza più paura.